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La recensione di Beppe Spadini

LE BIANCHE TRACCE DELLA VITA

Bissando la trasposizione di un libro di Thomas Hardy, il regista Winterbottom (che aveva appunto gi� diretto con esiti felicissimi l'atrocemente drammatico Jude) si conferma autore di talento, capace di coinvolgere lo spettatore con film d'ampio respiro anche quando le vicende non sembrano dar motivo di particolare interesse. In questo anomalo western, incentrato sul rimorso di un uomo (lo straordinario Peter Mullan) che ha venduto per una concessione mineraria la propria famiglia in giovent�, a farla da padrona � la natura, maestosa e terribile come pu� essere l'alta montagna d'inverno. I personaggi sembrano derivare da essa la sobriet� dei sentimenti, l'asciuttezza dei comportamenti, la dignitosa ricerca di una felicit� forse irrangiungibile. La bravura dell'intero cast (la sofferenza di Nastassia Kinski, lo sguardo profondo e gelido di Wes Bentley, l'accorata espressivit� di Sarah Polley, la disincantata determinazione di Milla Jovovich) contribuisce alla riuscita del film, facendo passare in secondo piano il soggetto, non proprio memorabile.

Spadini

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