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La recensione di Beppe Spadini

HOLLYWOOD ENDING

Ultimamente Allen ha sovente ironizzato sul mondo del cinema incarnando personaggi con decise sfumature autobiografiche (si pensi a "Harry a pezzi" o a "Celebrity"). In questa ultima fatica l'identificazione � pi� marcata, condita della solita deliziosa auto-ironia. Spassoso lo spunto: un regista (ovviamente con velleit� d'autore) in declino viene incaricato di dirigere un film a grosso budget, ma lo stress (i produttori sono l'ex-moglie, una bravissima Tea Leoni, e il suo nuovo uomo, un altrettanto convincente Treat Williams) gli causa una cecit� psicosomatica.
Molto carina la prima parte, con deliziose frecciate autobiografiche sull'ipocondria e sulle pretese "ambiziose" da regista-cult (il fotografo straniero, lo scenografo che delira di ricostruire l'Empire State Building), oltre alla satira dei meccanismi produttivi della Los Angeles attuale (un paio di riunioni sono uno spasso). Paradossalmente, proprio quando entra in scena la menomazione, con tutta una serie di possibilit� comiche a disposizione, il film si sgonfia un po', perdendo ritmo, quasi che Allen si vergognasse di indulgere in una comicit� pi� farsesca, pi� "classica", quando invece il suo filtro arguto avrebbe potuto portare la commedia a livelli strepitosamente esilaranti. Pi� divertente delle sue ultime opere, ma come sempre negli ultimi anni il disimpegno pare eccessivo, tanto da non sfruttare appieno soggetti intriganti.

Spadini

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