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La recensione di Beppe Spadini

A TEMPO PIENO

Il regista francese Cantet continua, dopo l'interessante "Risorse umane", a concentrarsi sul mondo del lavoro, ma stavolta il suo occhio, pi� che "sociologico", vira verso il "patologico". Non pu� definirsi altrimenti la vicenda di un uomo, che, licenziato per via del progressivo disinteresse per un ambiente che gli procura ansia e frustrazione, evita di dirlo alla famiglia e finge di avere un nuovo lavoro, in un crescendo di menzogne che inevitabilmente lo conducono al limite della tragedia. Un soggetto di sicuro impatto, che si avvale per altro di ottime interpretazioni, ma che lascia sconcertati per l'eccessiva inverosimiglianza. D'accordo utilizzare una situazione paradossale per denunciare una problematica sociale (l'ansia da prestazione, il dover rispondere delle proprie azioni ad una societ� con codici precisi di comportamento cui non ci si pu� facilmente sottrarre), ma l'ambiente di lavoro, la famiglia, le scappatoie che vengono fornite al protagonista non giustificano in alcun modo le sue scelte. E allora il film fallisce nelle sue intenzioni, perch�, come dicevamo all'inizio, la rappresentazione di un disagio sociale diviene la rappresentazione di un disagio psicologico o, se vogliamo, la storia di una persona mentalmente esaurita o malata e, come tale, assai meno efficace e interessante.

Spadini

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