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La recensione di Beppe Spadini

THE MAJESTIC

Da una parte il confronto tra l'America anni '50 dei buoni sentimenti e il mondo ipocrita e cinico di Hollywood; dall'altra i valori pi� genuini della democrazia americana opposti ad una delle pagine pi� cupe della storia degli States, quella della "caccia alle streghe" anticomunista.
Sono questi i 2 temi fondamentali che Darabont, regista di pellicole pregevoli (il bellissimo "Le ali della libert�"), affronta in quasi 2 ore e mezza (ma non ci si annoia) con esiti discordi. Il primo tema pu� dirsi piuttosto riuscito, grazie ad un Jim Carrey che si conferma attore straordinario, riproponendo, nella parte di uno smemorato scambiato dagli abitanti di un paesino per un loro reduce di guerra, il proprio smarrimento con toni non lontani da "Truman Show" e "Man on the moon".
Si dir� che la visione elegiaca della tranquilla serenit� del villaggio non � il massimo della veridicit�, ma i toni sono quelli della fiaba, e non � questo il limite del film, anche se Darabont butta ulteriore (troppa) carne al fuoco con contaminazioni da "Sommersby" (lo smemorato � lui o no ?) e da "Nuovo cinema Paradiso" (il Majestic del titolo � il cinema in degrado del paese).
Il guaio si ha quando, nello scontro con la Commissione per le attivit� antiamericane, vengono saccheggiati i pi� triti peana sui valori della democrazia americana, sul sangue degli eroi (aggiustatine dopo l'11 Settembre ?), sulla libert� d'opinione, ecc.ecc.
Qui Darabont si fa prendere la mano e non la molla fino alla fine, perdendo il tocco lieve che in qualche situazione precedente aveva mostrato.
Peccato, ma non da buttare.

Spadini

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